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Una nuova economia per l’edilizia

27 Mar

Condivido dal BLOG del WWF, sezione di Padova.

Potrebbe sembrare solo un articolo. In realtà è una visione progettuale. Ed è bella. Sì, bella. Non ci sono altre parole. Nobilmente condivisibile, onesta, libera. Non è confezionata su misura per qualche gruppo o gruppuscolo. Non serve vilmente piccoli interessi di bottega. Merce talmente rara oggigiorno, da essere più preziosa dell’aria.

” Rivalutazione dei redditi catastali, reintroduzione dell’ICI anche per la prima casa, aumento dell’ICI sulle seconde case: la manovra Monti darà un colpo di grazia al settore dell’edilizia già in crisi. L’edilizia è sempre stato un settore volano dell’economia italiana: mette in moto e trascina gli altri settori dell’indotto, per questo è necessario rimettere in moto il settore edile, ma non è immaginabile continuare il modello di sviluppo del passato. Il territorio italiano e quello Veneto in particolare è stato consumato, devastato, abbruttito oltre il tollerabile e non esistono più margini di tempo per salvare il salvabile di un territorio ancora nobile e storicamente determinato.

È solo condividendo questa valutazione che è possibile immaginare un futuro per una rinascita del settore edile. Una nuova economia per l’uso del territorio deve partire da una parola d’ordine condivisa da tutti i livelli imprenditoriali, professionali e sociali: il territorio non può sopportare nuove edificazioni.

Quindi se si vuole pensare una nuova economia per l’edilizia si deve pensare all’utilizzo del patrimonio esistente, a piani di riconversione, di ristrutturazione, fino alle demolizioni intelligenti e virtuose al fine di una riqualificazione del territorio che ne migliori la vivibilità, semplifichi gli scambi e favorisca la socialità.

Nuove edificazioni che si rendano oggettivamente necessarie dovrebbero prevedere una corrispondente cubatura da eliminare per garantire al territorio un costo zero.

Una economia che sovverta la cultura del passato darebbe nuova dignità al settore che ha sempre considerato l’edilizia un sottoprodotto del reddito derivante dalla trasformazione d’uso del territorio agricolo, trascurando il valore intrinseco derivante dalla qualità dell’architettura e della buona progettazione urbanistica oltreché quello del territorio agricolo e del paesaggio. Una corretta gestione politica del territorio deve avere come obbiettivo la ricerca di un sano equilibrio tra il settore edilizio, il settore dell’agricoltura, il settore del turismo e il settore della salute ambientale e umana. È come dire “è morto il re, viva il re”: la nuova economia deve nascere dai danni del passato intervenendo con un bisturi sapiente lì dove si è fatto peggio e dove le mancanze e i bisogni sono più evidenti.

L’imperativo “il territorio non può sopportare nuove edificazioni” non può essere uno slogan di pochi illusi o illuminati intellettuali né un pensiero di “opposizione”; deve diventare cultura e pensiero condiviso delle nuove generazione e per le nuove generazioni, dalla popolazione, dagli imprenditori, dai progettisti, da tutti i lavoratori del settore e dalle forze politiche.

L’attuale programmazione urbanistica con tutti gli stravolgimenti della prassi burocratica finisce per essere uno degli atti più lontani dai bisogni della gente, assoggettata allo sfruttamento intensivo del territorio. Scrive sapientemente Giancarlo De Carlo che questa nostra prassi urbanistica «produce disagio sociale e politico, perché divide gli esperti, quelli che “sanno” e “sanno fare” da quelli che non sanno neppure “perché” si fa, e che in questo stato di estraniamento arrivano ad avere perfino difficoltà a interpretare ed esprimere i loro bisogni». In un paese in cui l’80% della popolazione è proprietaria della casa d’abitazione ed esiste una proprietà molto estesa della seconda e terza casa, l’unica prospettiva di mercato è quella di migliorare l’esistente. Per questo sempre più spesso si formano comitati per la difesa dei bisogni dei cittadini contro nuove edificazioni calate dall’alto perché i cittadini-proprietari vogliono partecipare alle scelte per le trasformazioni del proprio territorio”.

Sergio Ventura – architetto

Fonte: Ecopolis Newsletter n. 329 Legambiente Padova