Archivio | febbraio, 2012

Il dibattito si evolve: cerchiamo di fare il punto!

29 Feb

Il Comune di Padova non è l’unico ad immaginare grandi opere per il proprio territorio.

Il Comune di Selvazzano, dovendo elaborare un progetto per riconvertire i vasti spazi del Seminario minore di Tencarola, ha pensato di realizzare una città all’interno del paese! L’aspetto che qui più interessa è che, al posto dell’edificio che ospitava i giovani seminaristi, si prevede di costruire una mastodontica struttura polifunzionale capace di ospitare qualsiasi tipo di evento immaginabile! Compresi spettacoli teatrali e concerti. Di cosa parliamo? Di 4.000 posti a sedere!!!

Ora, facendo due conti… L’auditorium patavino, dopo le ultime dichiarazioni del sindaco, dovrebbe contare qualcosa come 1.300 posti. Nella sua versione originaria si raggiungevano circa 1.600 poltrone, grazie ad una sala più piccola che ora parrebbe depennata. Parliamo di un numero di biglietti di gran lunga inferiore a quelli che si potrebbero strappare unendo le potenzialità di Altino, Concordi, ex tesoreria Cariparo e Pollini!
Certo, qualcuno fa giustamente notare che un auditorium nuovo di zecca, creato ad hoc, potrebbe vantare caratteristiche funzionali non pienamente realizzabili attraverso la riconversione di spazi originariamente nati come sale cinematografiche o uffici di tesoreria.

Tuttavia, messo a confronto con il gigante di Tencarola, il nuovo auditorium di Padova farebbe la figura di una piccola sagra di periferia! Il rischio è quello di una concorrenza sregolata sulle brevi distanze, dannosa per entrambi i contendenti! Quando invece l’intera Regione dovrebbe programmarsi in chiave di collaborazione strategica! E in quest’ottica andrebbe messo in conto anche il grande teatro comunale di Vicenza.

Con ciò non si vuol dire che nel Veneto ci sia spazio per un solo auditorium. E anzi, si può facilmente comprendere che tra i Comuni della Provincia, il Comune di Padova ambisca legittimamente a primeggiare rispetto alla periferia.

Tuttavia non bisogna dimenticare che Tencarola è in una posizione chiave tra i Colli Euganei e le terme, a sud, e le cupole del Santo, a nord! Non per niente è da lì che inizia la zona degli alberghi. Quindi, localizzare un grande polo di intrattenimento in quella zona potrebbe costituire una scelta strategica per molti policy makers. Una soluzione vincente in un’ottica di programmazione turistica regionale. Senza dimenticare infine la questione che maggiormente ha polarizzato la discussione sull’auditorium padovano: la scelta della location e la tutela degli affreschi giotteschi!

Resterebbe tuttavia senza risposta la richiesta di molti giovani padovani, di disporre di uno spazio facilmente raggiungibile, per accostarsi alla musica secondo il loro modo di intenderla. Non si parla insomma di Solisti Veneti. Più in generale, è la stessa possibilità di ridare vita al centro storico padovano ad essere danneggiata dall’idea di confinare a Tencarola un polo culturale multifunzionale di così ampio respiro.

Nessuna soluzione è pacifica. Tuttavia, occorre ricordare quanti siano i luoghi di Padova letteralmente abbandonati all’oblio. Tra questi, giganteggia tuttora la grande mole dello Stadio Appiani che, pur venerato quale preziosa reliquia da molti appassionati tifosi biancoscudati, giace di fatto nella più inerte indifferenza. Una sorta di Isola che non c’è nel cuore della città. Questo luogo così glorioso potrebbe cambiare pelle e, senza ferire i sentimenti di nessuno, essere ripensato in vista di concerti e manifestazioni musicali.

Un’idea di ampio respiro e capace di guardare alle future prospettive della grande città metropolitana potrebbe quindi muoversi su due direttive parallele:

  • riconvertire i vecchi cinema del centro e lo stadio di Prato della Valle in luoghi capaci di ospitare manifestazioni informali, in modo da riportare i padovani nelle vie del centro, soprattutto nelle ore serali;
  • concentrare, viceversa, sull’area dell’ex seminario minore gli sforzi per la realizzazione di un auditorium di alto profilo (secondo le aspettative della Fondazione Cariparo) e creato per eventi di respiro nazionale e internazionale.

In questo modo si affronterebbero e risolverebbero, in due mosse e secondo strategie di win-win, svariate problematiche che sembrano paralizzare lo stato attuale del dibattito.

Da il Mattino di Padova
12-01-2012

Selvazzano, una nuova città alle porte della città 
I dettagli del piano di recupero dell’ex seminario a Tencarola. Dalla villetta al centro commerciale con servizi che neppure Padova oggi è in grado di offrire

SELVAZZANO Con l’operazione ex Seminario Selvazzano si candida a un ruolo di primo piano nella città metropolitana grazie a un insediamento, riconosciuto e confermato dal documento preliminare del Piano di assetto territoriale come in grado di aprire «una prospettiva di ruolo sovra comunale. Luogo in cui localizzare strutture di rilevante interesse anche per il territorio circostante».

Insomma, se la riqualificazione dell’area dell’ex Seminario da un lato «offre una straordinaria potenzialità come grande contenitore di servizi di livello metropolitano», all’amministrazione comunale sembra essere riuscita, almeno sulla carta, la quadratura del cerchio: ovvero in un sol colpo liberarsi della cattedrale di cemento in pieno degrado sostituendola con altro cemento a minor impatto ambientale, ottenere a costo zero (o meglio a spese della società immobiliare Trifoglio che è proprietaria dell’area) diverse opere pubbliche, aree verdi (persino un parco fluviale), spazi e lavoro per aziende locali, un bel colpo di spugna sugli onerosi ricorsi presentati dalla Trifoglio in anni passati e ancora pendenti.

Il fulcro di tutto l’ambizioso progetto è il Forum Hall, struttura polifunzionale che sorgerà sulle ceneri del Seminario (del quale è previsto il totale abbattimento a spese della Trifoglio) e destinata a ospitare dalle 3 alle 5 mila persone per eventi sportivi anche di carattere nazionale ed internazionale, così come concerti e spettacoli, meeting e manifestazioni fieristiche in grado di richiamare pubblico da un vasto bacino territoriale che comprende i Comuni limitrofi, i Colli Euganei e persino la città di Padova. Nel super palasport troveranno spazio inoltre palestra, scuola di danza canto e teatro, centro di riabilitazione, microchirurgia estetica, bar, pub e ristorante, uffici, pro shop e baby parking. Il Forum Hall nascerà con il project financing: la Trifoglio avrà la gestione per il periodo necessario (al massimo 15 anni) ad ammortizzare i costi di progettazione e realizzazione e la gestione della struttura sarà regolata da una convenzione che prevederà facilitazioni per l’utilizzo da parte di particolari categorie di utenti.

Nella gestione avrà diritto di partecipazione anche il Comune di Selvazzano cui la Trifoglio cederà la nuda proprietà del Forum Hall e dell’area interessata che diventeranno piena proprietà del Comune a conclusione del periodo di usufrutto della Trifoglio. Tra le opere a carico di Trifoglio che verranno cedute a titolo gratuito al Comune ci sono poi un asilo nido/scuola materna a 6 sezioni (con tanto di arredi e allestimenti); una scuola media a 4 sezioni; l’area per l’edificazione (che spetta alla Provincia) di un liceo a 7-8 sezioni ; il parco pubblico collegato con il Bacchiglione in cui sono previsti anche punti di approdo e servizi di balneazione così come un ponte-passerella ciclopedonale che collegherà le due sponde del fiume…”

Cosa dicono i finanziatori?

28 Feb

Il 5 novembre del 2011 sul Mattino di Padova esce un’intervista molto interessante. Chi parla è niente meno che il presidente della Fondazione Cariparo, Antonio Finotti.

Cosa c’entra la fondazione Cariparo con l’auditorium? Molto! Da quando nel 2006 si è cominciato a parlare di auditorium a Padova, la fondazione si era infatti impegnata a mettere sul tavolo un contributo importante per la realizzazione di un eventuale progetto.

Con il mutato contesto economico però si è alzato il livello di prudenza e qualcuno ha tirato fuori il pallottoliere!

Noi pretendiamo che tutta la città, attraverso le sue istituzioni, dimostri di essere d’accordo su quest’opera, perché se investo sull’auditorium non ho più risorse per altre iniziative. Questo punto deve essere molto chiaro a tutti. In secondo luogo il nostro sì è condizionato alla presenza di una programmazione di alto profilo, particolare che genera problemi di altro tipo”.

Finotti pensa già agli scenari futuri: un progetto come quello in cantiere non può ridursi ad ospitare le recite natalizie dei ragazzini di quinta elementare! La programmazione deve essere di qualità, prevedere eventi capaci di richiamare spettatori da tutto il Veneto, ospitare grandi star (con grandi stipendi)! Chi manderà avanti la baracca, una volta che il progetto sarà realizzato e occorrerà provvedere alla sua gestione economica?

“Sono costi non quantificati, ma senz’altro elevati se viene allestita una programmazione di alto livello come ci si deve attendere da una “casa della musica” al servizio poi di tutto il Veneto. È assurdo affermare, come ho letto, che i costi di gestione dell’auditorium sono analoghi a quelli del teatro Verdi! Se una casa della musica non ha retto a Roma, dubito molto che possa reggere a Padova“.

In più ora qualcuno vorrebbe puntare al raddoppio e costruire a Padova anche un bel centro congressi in zona Fiera! Ma un centro congressi, grosso modo, è un palcoscenico circondato da centinaia di poltroncine: un luogo in cui molte persone stanno sedute ad ascoltare qualcuno che si esibisce… Cosa ci ricorda? Ehm… Un auditorium? Sentiamo cosa dice Finotti.

“Sei anni fa, quando parlammo di auditorium, non si parlava di centro congressi. Il centro congressi è venuto dopo. Io non discuto l’utilità di questa struttura, ma nel panorama è apparsa una situazione nuova da valutare per quanto rappresenta a Padova e nel Veneto. Qualche riflessione si dovrà pur fare su questo”.

Che tradotto?

“Se a Roma questa esperienza non ha funzionato significa che un auditorium deve essere utilizzato anche per altre attività e finalità, disporre di sale modulabili, di dimensioni minori, deve poter svolgere funzioni di centro congressi. Se ora si crea un centro congressi in città sarà bene parlarne. Tutto qui”.

Parliamone, dunque!

L’articolo completo è qui!

La città allo specchio!

27 Feb

Finalmente si esce dall’asfissiante binomio “Kada sì, Kada no”!

Il glorioso Supercinema: cuore di Padova, oggi trasformato in una botteguccia che vende maglioncini...

Cominciamo a non essere più i soli a chiedersi perché si debba sovraccaricare il dibattito di tanta tensione, ostinandosi a costruire un’opera faraonica e dispendiosa, che crea dissensi e perplessità, quando ci sono spazi di pregio già esistenti e letteralmente abbandonati.

La riqualificazione degli spazi esistenti è la porta da cui necessariamente passa anche la rivitalizzazione del centro storico che, da quando ha perso i suoi cinema e i suoi luoghi di ritrovo tradizionali (a tutto vantaggio dei centri commerciali e dei multiplex periferici) ha cominciato inesorabilmente a morire!

Si deve porre fine alla proliferazione di non-luoghi artificiali, decontestualizzati e decentrati. Si è tanto voluto il tram per migliorare l’accesso ad un centro storico continuamente derubato delle sue ragioni di attrattiva: che senso ha?

Inoltre non si capisce come si possa mettere mano a tanti pubblici denari, quando con minor spesa si potrebbe avere  la disponibilità di un maggior numero di spazi, strategicamente più validi, facilmente raggiungibili, perfettamente contestualizzati. Qualcuno comincia a parlare di “auditorium diffuso“: è una consolazione sapere che questa intuizione comincia a circolare in ambienti più ampli.

Dal Gazzettino di Padova del 27 febbraio u.s.

Caterina Cisotto, “Altino, un cinema come auditorium

“Più si restringe sulla carta il futuro auditorium, pur di ridurre i costi e le polemiche, e più prende piede tre le svariate proposte alternative il riutilizzo dell’Altino. I primi a tirare in ballo il cinema chiuso ormai più di cinque anni fa furono l’ex soprintendente Guglielmo Monti e il capo della delegazione padovana del Fai Giorgio Muratori, che riportò all’attenzione dei padovani l’esistenza anche di uno spazio sul tetto utilizzabile d’estate.

A supportare la validità dell’ipotesi di realizzare una “cittadella della musica” a due passi dal polo museale della città e dal conservatorio i quasi 800 posti, la posizione centralissima e soprattutto l’impossibilità di trasformarsi in un megastore come toccò al Supercinema o in un altro punto vendita perché vincolato dalla Soprintendenza.

L’ALTINO

Progettato nel 1951 da Quirino De Giorgio, non va toccato non solo sulla particolare facciata ma anche all’interno: «Il vincolo riguarda la struttura nel suo complesso, incompatibile con un’attività commerciale che ha bisogno di determinate caratteriste, ben diverse da quelle di una sala cinematografica – sottolinea il proprietario, Andrea Bastianello, ex presidente della Vis – di proposte per l’acquisto o l’affitto ne abbiamo avute anche da chi non richiederebbe un cambio di destinazione d’uso, ad esempio per una programmazione vietata ai minori, riservata ad un pubblico adulto, di nicchia. Ma abbiamo detto di no, l’Altino merita di meglio».

Bastianello non ha finora ricevuto alcuna proposta legata alla futura casa della musica: «Anche se non vivo qui, penso che Padova sia una città da non sottovalutare. Il fatto che si discuta da anni sull’auditorium senza passare dalle parole ai fatti però non depone a suo favore». Definitivamente scartata è l’ipotesi di ospitare nuovamente il cinema: «Abbiamo gestito l’Altino per una cinquantina d’anni e l’esperienza dunque non ci manca. A chi ci accusa di incapacità o crede di poter far rivivere una sala che negli ultimi anni andava sempre in perdita si faccia avanti, ma non a parole né con un esperimento di sei mesi e poi si vedrà. Ci vogliono troppi soldi per rimetterlo a nuovo e per affrontare la concorrenza
delle multisale. Senza dimenticare il calo di pubblico in tutta Italia».

IL MIGNON

Non è invece tutelato dalla Soprintendenza il sottostante Mignon, chiuso nel 2005: «Fu trasformato da magazzino in sala cinematografica d’essai da mio zio Baldon a metà degli anni Sessanta e dunque non ha alcun valore architettonico». Resta quello sentimentale per i tanti cinefili padovani, che apprezzarono le sue proiezioni mattutine domenicali.

IL CONCORDI

Anche per il Concordi, un gigante con ben 1.200 posti in via San Martino e Solferino, la resa nel 2009 fu dettata da ragioni economiche: «Confidavo nell’interesse del Comune, l’assessore alla Cultura Colasio mi aveva fatto ben sperare, ma invece niente di fatto – racconta Paolo Stimamiglio – contro la decisione della Soprintendenza di vincolare l’edificio nel 2010 abbiano fatto ricorso al Tar: saremo davanti al giudice il prossimo maggio». Il proprietario della sala, ristrutturata nel 1940 su progetto di Giulio Brunetta per volere di Ferdinando Stimamiglio (ma nata addirittura nel 1652 come teatro degli Obizzi, trasformato in teatro dei Concordi nel 1842, vi recitò anche la Duse), aveva già avuto l’ok dalla commissione Urbanistica del Comune alla fine del 2009 per riconvertire l’immobile in parcheggio nei primi due piani e in residenziale al terzo e ultimo piano”.

Finalmente!!!

27 Feb

Le idrovore che dovevano tenere all’asciutto le fondamenta della Cappella degli Scrovegni non funzionano!

Come faccio a saperlo? Semplice: perché il Comune ha finalmente deciso di ripararle!

Guardate qui!

Meglio tardi che mai!

L’ex soprintendente…

27 Feb
“…Guglielmo Monti, l’ex soprintendente ai beni architettonici del Veneto orientale e membro della giuria del concorso internazionale per il progetto bandito dal Comune di Padova per l’Auditorium della musica, ha lanciato ieri delle vere e proprie “bombe mediatiche” contro l’amministrazione Zanonato e contro il progetto dell’Auditorium.

Ospite della tavola rotonda dedicata all’architetto brasiliano Oscar Niemeyer nella Sala degli Anziani a Palazzo Moroni, Monti ha detto la sua sul progetto dell’Auditorium. Un progetto realizzato dall’austriaco Klaus Kada, che ha vinto il concorso internazionale bandito dal Comune. Ma su questa vittoria Monti ha rilasciato delle dichiarazioni che lasciano intendere come il Comune di Padova abbia giocato un ruolo in questa vittoria.

In realtà il concorso internazionale non è stato vinto da Kada, bensì da Alberto Cecchetto che per Monti aveva presentato il progetto migliore. Tuttavia il progetto di Cecchetto presentava dei costi di bonifica molto elevati. Quindi il Comune di Padova ha tirato fuori la storia delle irregolarità, con cui il progetto dell’italiano è stato escluso. Ma il concorso non prevedeva che in caso di esclusione del vincitore la vittoria andasse al secondo, cosa che invece è accaduta. Quindi la vittoria non doveva essere assegnata a Kada , ma bisognava rifare il concorso da capo, ma il Comune ha preferito affidare il progetto all’austriaco. Un progetto che non è mai piaciuto a Monti per via delle sue dimensioni fuori scala.

Monti oltre a denunciare il comportamento non proprio cristallino dell’Amministrazione , ha dato una sua proposta su come risolvere il problema dell’Auditorium. Semplicemente non realizzandolo, ma utilizzando quattro edifici sparsi per la città : l’ex Cinema Altino, il conservatorio Pollini, il Centro Culturale San Gaetano e la Sala Rotonda della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Strutture più piccole, ma decisamente più utili di una “cattedrale” immensa che raramente verrà riempita.”

Tratto da qui

FIRMATE E FATE FIRMARE – Lettera al maestro Scimone

26 Feb

Pregiatissimo maestro Scimone,

siamo un gruppo di cittadini, riuniti dalla passione per la nostra città, la sua bellezza e, perché no, la sua identità.
Ci permetta di esprimere tutto lo sgomento che abbiamo provato, leggendo le dichiarazioni da Lei rivolte a chi sollecita prudenza e lungimiranza nella realizzazione del nuovo auditorium.
Lei dirige da tanti anni i Solisti Veneti: chi più di Lei può sapere quanto sia necessario prestare orecchio ad ogni voce, affinché dal certamen scaturisca la concordia superiore, la sintesi perfetta, la bellezza fatta prodigio musicale?
Quale provincialismo, quale personalismo possono esserci nelle richieste preoccupate di chi chiede di allargare il dibattito, di cercare altri luoghi per questa improcrastinabile casa della musica?
Che fretta c’è, che impedisca il dialogo e la riflessione su un’opera tanto impegnativa e rischiosa? Mettere in evidenza rischi, alternative, conseguenze non è frutto di provincialismo o di personalismo. È semplice esercizio di democrazia.

Già nel 1817 il senso civico dei padovani e della municipalità salvarono la Cappella degli Scrovegni dal cinismo dei proprietari, la famiglia Gradenigo, che dopo aver demolito l’antico palazzo Scrovegni, si accingeva a radere al suolo anche il prezioso sacello.
Nel tempo la Cappella ha rischiato altri pericoli e, sempre, l’amorevole cura della città l’ha preservata per le generazioni future.
Non è passato molto tempo da quando il Comune ha dato compimento ad un meraviglioso restauro, non mancando di regalare emozioni ai cittadini e ai molti turisti accorsi.
Perché, dopo tante fatiche, rischiare di perdere quello che si è finora faticosamente e gelosamente conservato? Il destino della Cappella degli Scrovegni è legato a doppio filo alle conseguenze della gestione del territorio e ai delicatissimi equilibri idrogeologici.
La falda acquifera, premuta dal peso di una città che cresce, già lambisce le fondamenta di quel tesoro trecentesco. Umidità e statica sono in agguato costante.

Si sono appena chiusi i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità Nazionale. Stupisce che nel contesto di queste celebrazioni, non si sia immaginato di dedicare un progetto ambizioso ad una delle più pregevoli testimonianze di un linguaggio pittorico di respiro autenticamente nazionale. E universale.
Giotto ha unito Padova a Rimini, Firenze, Assisi, Roma, eguagliando in pittura l’opera di Dante, Petrarca e Boccaccio. Fu autenticamente italiano, prima di Michelangelo, di Leonardo e di Raffaello. Perché rischiare di perdere – o anche solo intaccare – la testimonianza di un simile precursore? Perché non intervenire, invece, per rendere più certo il futuro di questa meraviglia, lasciataci in eredità dalla storia?

Lei dice che l’auditorium è un’occasione per non far morire Padova? Noi crediamo che Padova abbia bisogno di altre medicine! Abbia bisogno di occasioni quotidiane per ritrovare l’espressione comunitaria, politica, comune del vivere.
Occorre evitare di confondere cultura e intrattenimento: non serve organizzare concerti, eventi, conferenze per fare cultura. C’era molta più cultura a Padova quando Piazza Cavour era gremita di giovani il sabato sera. C’era più cultura nelle file lungo i portici del Supercinema – ché l’atrio non bastava mai per tutti. O davanti il Quirinetta, fino a Piazza Insurrezione. La cultura nasce nelle strade.
E allora, maestro, se vuole far rivivere Padova, si batta per riaprire i luoghi abbandonati e volgarmente ignorati. Porti i Suoi Solisti all’Odeo. Li porti al castello che fu di Ezzelino e poi dei da Carrara. Nella vastità della volta di Palazzo della Ragione. C’è il Verdi. Ci sono le sale cinematografiche del centro, schiacciate dalla concorrenza dei multiplex americani, ma non ancora svendute a qualche commerciante di paccottiglia al minuto.
Ci sono luoghi a Padova che sarebbero eccezionalmente vocati a riconvertirsi in auditoria. Così la città non avrebbe un solo auditorium, con due sole sale, ma una vera pleiade di spazi bellissimi: tante casse di risonanza da cui la musica potrebbe diffondersi su tutta la città, trasformando Padova in un vero Parnaso!

Infine un’occhiata alle grette ragioni dell’economia, scienza triste, con cui bisogna pur misurarsi.
Come fa, maestro, a rimandare le valutazioni economiche? In questo tempo mesto, in cui si chiedono sacrifici gravi a tutti i cittadini d’Europa. In cui intere nazioni sono chiamate a misurare la politica con il metro corto della contabilità! Come si fa a dire: “le considerazioni economiche non solo possono, ma devono essere fatte in seguito”?
Se il problema delle risorse per la futura gestione della “casa della musica” è stato onestamente evidenziato, fino ai vertici dell’amministrazione comunale, sarebbe consigliabile e prudente guardare con onestà, lungimiranza e saggezza agli aspetti connessi.
Non sarebbe un vero peccato costruire un’opera tanto bella e tanto importante, un biglietto da visita per la città, un’occasione da non perdere per non far morire Padova… E poi scoprire di doverla mettere in liquidazione poco dopo l’inaugurazione?
A noi piangerebbe il cuore! Soprattutto se, come Lei, avessimo impegnata tanta devozione nel promuovere l’opera e se, come Lei, ci fossimo esposti con tanta passione nel propugnarne la realizzazione.

Con ossequiosa ammirazione.

Parola agli esperti

26 Feb

Le conclusioni della Relazione finale dello studio affidato dalla amministrazione di Padova ai professori D’Alpaos, Saladin e Simonini per la fattibilità dell’Auditorium sono chiarissime e non lasciano adito ad interpretazioni o fraintendimenti.
Oltre centodieci pagine, di non facile lettura per i non addetti ai lavori, per arrivare alle Considerazioni conclusive che , fra l’altro, sostanzialmente dicono che:
con le normali tecniche costruttive è assolutamente da escludere la possibilità di procedere all’allontanamento delle acque provenienti dallo scavo, si intende con questo l’utilizzo dei sistemi well-point per l’abbassamento della quota di falda o l’emungimento diretto dallo scavo con pompe di sollevamento.
Vale a dire che con le normali tecniche costruttive lo scavo non è realizzabile.
Le prove effettuate hanno infatti stabilito in maniera inequivocabile che anche modesti emungimenti nell’area Boschetti protratti nel tempo, anche solo per più giorni, hanno la conseguenza di alterare l’equilibrio idrologico in area Scrovegni con conseguenti spostamenti verticali del terreno.
Ne potrebbe derivare un serio pregiudizio per le fondazioni della Cappella.
Ciò per quanto riguarda le aree Boschetti-Srovegni.

Lo studio ha tuttavia preso anche in considerazione l’area PP1 dove è in corso la bonifica del terreno propedeutica allo scavo per la realizzazione dell’interrato.
I dati relativi ai sondaggi effettuati nell’area ed alle prove di laboratorio sui terreni sono infatti state acquisite per la definizione del modello idrogeologico.
Si è riscontrata una certa uniformità delle tre aree per quanto riguarda le stratigrafie e la situazione idrogeologica ovvero la presenza di falde acquifere.
E’ da rilevare che l’area Scrovegni è sostanzialmente equidistante dalle aree Boschetti e PP1.
In area prossimità area PP1 è stato realizzato un piezometro il Pz 10-P che purtroppo come si evince dalla relazione non ha praticamente mai funzionato risultando inativo dal 25-6 al 25-8.
Le prove di pompaggio sono state eseguite nel periodo 21-06 fino al 31-08.
Per tale motivo i Professori si rammaricano della impossibilità di ricavare dati dai piezometri non funzionanti, fra i quali il P10.
Tornando alle considerazioni conclusive della relazione dove si legge, scritto a penna, “Nell’ambito della previsione di realizzazione del complesso del nuovo Auditorium…” viene da chiedersi:

Le stesse conclusioni ,vista la vicinanza dell’area PP1, la presenza della stessa falda e la uniformità delle stratigrafie possono valere anche per l’area PP1 ???
Varrebbe la pena saperlo magari dagli stessi Professori.
Le tecniche di scavo che eviterebero di disturbare le quote piezometriche della falda hanno costi molto elevati e, ancorchè se ne sia già fatto uso anche in italia nei grandi appalti pubblici in epoca di 1° repubblica, comporterebbero un “contributo Finotti” oltre ogni soglia di sopportabilità anche per la Fondazione.

Il ripiegamento della giunta Zanonato su di un progetto “meno costoso” come lo stesso sostiene, mistificando la vera realtà dei fatti, è diretta conseguenza della impossibilità pratica di adottare queste tecniche e conseguentemente quindi di realizzare l’Auditorium con gli interrati previsti.

Da qui.

Perché KADAstrofe?

26 Feb

In principio era un gruppo facebook

Questo Blog nasce per l’esigenza di fare un po’ di chiarezza sulla costruzione dell’auditorium a Padova.

Cosa significa KADAstrofe? Il progetto per l’enorme auditorium – da costruire a Piazzale Boschetti, sulla riva settentrionale del Piovego – è stato realizzato dall’archistar Klaus Kada. Giocando, senza cattiveria, sul nome dell’illustre architetto, vogliamo evidenziare tutti i pericoli derivanti da questo progetto! Una vera e propria KADAstrofe!

Il tema del Blog è un argomento sul quale:

  • la stampa sonnecchia;
  • il Comune latita;
  • la soprintendenza soprassiede;
  • i maggiori partiti divagano;
  • la cittadinanza resta all’oscuro.

Questo auditorium porta con sé molteplici ragioni di indignazione.

La prima e più importante? Il luogo deputato alla costruzione di questo monumento al grigiore suburbano è pericolosamente vicino alla Cappella degli Scrovegni di Giotto, un gioiello che dovrebbe essere patrimonio mondiale dell’umanità.

Questo piccolo gioiello dugento-trecentesco poggia su un terreno che letteralmente galleggia sopra – non una – ben due falde acquifere, che verrebbero inevitabilmente coinvolte dalla costruzione dell’auditorium. Gli effetti sulla statica dei luoghi potrebbero essere devastanti!

Tutto il procedimento decisionale, scaturito nell’approvazione del progetto, si è inoltre contraddistinto per:

  • la assoluta mancanza di trasparenza;
  • la dubbia legittimità delle procedure;
  • la parzialità delle indagini.

Non vogliamo scacciare l’arte col pretesto dell’arte! Ma i padovani devono sapere e, una volta informati, devono poter decidere su cosa è veramente meglio per la loro città!

Facciamo sentire la nostra voce… All’unisono!

Teniamo gli occhi aperti anche sul famigerato PP1: spiegheremo in seguito cos’è!

Vogliamo un centro storico libero dalla speculazione edilizia e dal rischio idrogeologico: i mausolei di cemento armato non resuscitano lo spirito di una città, lo affossano per sempre!